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Una delle espressioni predilette da critici e recensori che abbiano per le mani un testo di Leonard è il "Dickens of Detroit". Un epiteto la cui origine viene spesso ricondotta a J.D. Reed, autore di un articolo apparso sul "Time" e intitolato appunto "A Dickens from Detroit". In realtà, il titolo fu deciso da un caporedattore della rivista americana che non aveva una gran dimestichezza con i romanzi di Leonard. Non sorprende, dunque, che l'espressione adottata, per quanto suggestiva e accattivante, sia piuttosto ingannevole. Restando nell'Ottocento, però, c'è un altro scrittore che sembra più ragionevole accostare a Leonard, benché appartenga a una diversa tradizione letteraria: Honoré de Balzac con la sua "Comédie humaine". Balzac, attraverso l'insieme delle opere che vanno a formare la Comédie, intendeva comporre un mosaico della società francese del proprio tempo, illustrandone tutte le figure, anche le più marginali, e mostrando l'uomo e la donna in tutte le trasformazioni morali del loro carattere. Questa sintesi, pur sommaria, potrebbe descrivere con buona accuratezza anche l'opera di Leonard. È pacifico che sussistano non poche difformità, come è inevitabile nel proporre la suggestione di un confronto fra autori il cui rispettivo contesto è radicalmente diverso, anzitutto in termini storici. Eppure, anche i quarantaquattro romanzi pubblicati da Leonard possono essere letti come un'unica grande narrazione - una commedia americana! - che vuole seguire il groviglio di esistenze lungo le strade della provincia statunitense, attraverso gli occhi di detective disorientati e killer immaturi e ridicoli. Questo perché, come in Balzac, ogni romanzo di Leonard è plurale, contiene cioè molteplici storie che si intrecciano e in cui ricorrono personaggi che sembrano scomparire nel nulla per poi riemergere a distanza di molti anni.